Percorsi liminali

Campo 305

Nella spianata calcificata, piantata in terra senza alcun riparo, esposta ad una luce attonita, una piccola girandola dai colori sbiaditi viene animata da brevi folate di vento. Ruota sbilenca e sussurra con circospezione i dimenticati nomi ormai smembrati, imprigionati nelle piccole targhe masticate dal tempo, testimonianze eternamente provvisorie di un giorno replicato sempre uguale e dimentico di ogni cosa.

Animula vagula, blandula
hospes comesque corporis,
quae nunc abibis in loca
pallidula, rigida, nudula,
nec, ut soles, dabis iocos.*

Publio Elio Traiano Adriano (Italica, 24 gennaio 76 – Baia, 10 luglio 138)

Un mormorio rotante  diffonde un rosario di nomi scolpiti, incisi, segnati. Evocati con modulato rispetto, conforme alle benevole norme.

Non accetto empatia per il solo fatto di essere riconoscibile ai vostri cerimoniali.

Questo affermava in quel giorno così unico, in un tempo che pareva sospeso solo per lei. Ferita da esortazioni del tipo “Deve imparare a rispettare le prescrizioni del senso comune” mal sopportava le troppe parole che, come inarrestabili ore canoniche, si ergevano a mo’ di ottuse cancellate. E poi in fondo qual è la meta? Appena dopo il campo 305, l’area definita genericamente “confine nord”.

Le piccole croci, incerte e traballanti come piccole spade di latta alla fine di un gioco, sono conficcate nella terra secca e polverosa. Per quei piccoli caduti, molti dei quali senza nome, sono stati apposti alla ben meglio come piccoli custodi di peluche. Nella solitudine, abbrutiti dalle intemperie, sono mutati in coatti sigilli, marchi d’infamia di un mondo estraneo. Piccoli caduti senza onore, piccole ombre sfuggite alla grande storia che le aveva traditi. Solo l’incerta girandola, viva nel vento, sussurra quei nomi vorticando senza scopo. E roteando a comando indispone quel senso comune al quale non si adegua diversamente dalla narrazione della vita.

  • Piccola anima smarrita e soave,
    Compagna e ospite del corpo,
    ora t’appresti a ascendere in luoghi
    incolori, ardui e spogli,
    ove non avrai più gli svaghi consueti.