Percorsi liminali

Nienke

Chi fossi prima degli imprevisti splendori? Chi ero io per accettare un dono singolare senza necessariamente rifiutare la preventiva condizione ingiunta? Sia che fosse per scelta oppure per necessità sovviene il principio dell’artefatto, l’origine che si fece nata dimentica del già vissuto. Tal e origine auto-generata ci darà nuovi motivi di vita. Timidamente sciolgo un inchino al presente che ha voltato il furioso sguardo vincitore verso il cinetico volo di stoffe aperte a complesse volute. Credetti io nello spezzare vaghi refrattari prodigi. Financo dell’ebbro scintillio dell’oro fileremo esaltanti affanni. Sepolcri di vergogna ci torceranno contro. Voi bestiali che implorate un dio abbiate la forza di turbarlo sollevando lasciti sorgivi così che talvolta stillino auto assolvimenti ad essi bastanti.

Turba il ferro ed io osservo le immutate cancellate, forse tutto quel che noterai è la scansione dei vuoti e dei pieni ma nulla degli spazi interdetti. Coglievi tal sua che sta medesimo desidera somiglia. Lo crediate ginocchi so chiedete ciascuno ho. Dal gesto imprevisto al sorprendersi è poi un gioco, un ritocco di certi consueti movimenti tutti in copia di una matrice dimenticata. Armi che avverti solo se taci, devoto riso che temo di sbarazzarsi del lume. Sembrano essere quello che vogliate intendere anche se in presenza fu consumato il ciclo della stagione tremante. Si volle allora porci un monito? Che al fine l’alito del sussurro sarebbe vissuto di fatto una sola volta. Consunta, volle compiere tutto il necessario per poter adempiere alla salvazione della vendetta turchese. Le colorazioni erano le uniche vie che avessero accesso alla catarsi dei rancori.

Into the unknown 1

Verranno ciniche forze, nascostamente. L’indifferenza scioglie ogni muraglia, conoscerai il significato senza esprimere parole. Sul collo poi avvertirai il presagio medesimo che in disparte mormora inquieto. Al capezzale non si presentò il ricordo che provocò il naufragio. Si intravide una cicatrice del mio lasciarmi in quel carattere amorale e altissimo, comprendi? Vedrò nell’occhio tre avvelenate verità che portano confusione nel bel pensiero. Delle tre una si rivelò mortale e quindi impedì il conservarsi delle sue memorie. Conosco il motivo che li spinge a partire, come non potermi fornire delle provvisorie provviste, sue certo ma che l’attesa udì leggera quando la mia dipartita entrerà. Potrà essere nei subitanei errori che proclameremo chi stanco soffri nei perché. Cancellato dal mondo, guardatelo ora accostarsi al ricordo, ho la certezza che sarà il solo che potrà interrompere la lesinata insofferenza. Abito pieno di mancanze può col cielo pensare future ali? Bellico arrivo del violento furore che provocò ferite e troppe oscure istanze.

Andremo traditi dall’uso mai vissuto delle memorie. Sanno far si che la pericolosa preda sia nascosta là, dove implorando, si convincerà che la pietà andrà trasalendo. Deliziosamente impedisce al bel gioire infantile di apprendere il poi. Prego sia valsa la fatica che altri mai conobbero dalla quale una vana attesa non fu mai lunga. Improvvisamente su elevate vette di allegrezza si rifugiarono anonimi sospesi. Anch’essa volle rientrarvi con qualche incertezza. Ho sventura! lo convulso mi trovai lontano dalla mia ombra. Ora voi mi chiedete come sia avvenuto. Mistica fenomenica trattazione quella che con acuta lucidità osserva il di poi trepidante tornare all’oro. Riapparve statuario e subitaneo il consolidato convincimento che nella mia tradizione si assoggettava al tempo. Eternità, hai tremante aspettativa e spenta speranza! Così ripeteva il vissuto da sempre: “Tu ci inganni con la speranza e prometti ovvi tesori dove dissolvi le creature. Sei una strada che non prenderò!”. Repentina allora chiederai di me che ormai incamminato verso il nulla ti osserverò là senza scoprirmi.

Into the unknown 2

Va a riveder la fanciulla del monumento. Ero io ora che ricordo. Il tempo distrugge stando drammaticamente sulle ginocchia, inebriato. Mondo che torna al dio dell’antico che le età pensavano di cancellare. Solitarie anime in lotta sanno tanto di lui. Giogo devoto che preme hai nervi. D’altronde molte forze impegnano il lieto percorso e solo la speranza vivrà se non per voi. Andate le speranze, sono le certezze che permangono e, nel consapevole vuoto, estinguono i pesanti accusativi, che, scarno, il tempo vuole tenerli li. Eroi per tutta la verità falsa fu al debole udito che, infine, udì di chi al suono non credeva. Soffocato ben riapparve quell’oro immaginato ammirato e benedetto. Dal bosco ai prati cerca vibrante il poi che prima di tutti se ve ne. Oricellari famili esaltavano lo spirito all’azione, volevano i Lari impedirgli trasalire la falsa commozione. Pulsare di onde incandescenti l’immensa cometa era investita da una comune speranza, una richiesta di epifania appesa al destino si compiva tra le strette illusioni dei mio esistere. Sono le sue polveri cosmiche che sospiro. Vi sarà immune al gomito che saluta. Avidità fu coperta ma tu sistematicamente elevi chi non conosci. Per il malato fu negata l’uscita alle sue domestiche occupazioni, forse domani anche ai doveri. Sulle intriganti incertezze poi duelleranno frasi congiuntamente espresse, delle quali bisognava sfuggire il rapimento. E così il silenzio giunse e si compì.

Tendendo testa alla luminosa incombenza, volle d’imperio la salvezza che ai più bruciava. In un fibra, certi di voler dominare, annodarono il presagio. Ho uno sgomento per ingranditi ritorni di te. Ma non mi riesce di scalare l’erosa parete, massa in divenire. Terrò ai timidi respiri atomici che immaginavo distruggessero la ritrovata fede. Da lontano, hanno cercato caracollando la rara pietra del rimorso, esplorando storie hanno assunto balsami necessari all’inchino. Sul tetto sconvolto del mondo si appellano alla salvazione. Così il rifugiato stando ritto sul suo grido accendeva verbi liberarti in acqua. Vergogna chiamata nostra compagna incontrava il sentimento. Cimento animi riscaldati per guardare l’infinita supplica ma priva di salvezza tremante. Non fece nulla il nato dal sole nero. Ben presto sabbie occultatrici soffocheranno i circuiti dinamici. Non hai nulla che potrà impedire quello che vedevo nel tardo impero di roccia. Dovreste cancellare l’iraconda gloriosa assertività. Non c’è più spazio per il “vorresti dare”. Periodo disceso con placato impegno sveglia i dubbi che dal suolo polveroso risalgono verso la mia lucente traccia. Crudi sul conforto che gli anni stanno a loro modo declinare nel tema.

Into the unknown 3

Già pensavo a un confidato consiglio quando suscitarono interdizione e sorpresa i portali levitati. Ma solo la vera rete va di riva in lume per raccogliere quel che impone l’indice indistinto. Tutto sentivo di quell’altrove che era senza peccato. Armi in moto dal modo per un io aggressivo che vedo levarsi dalle riva. Ribollisse trattenuto tal palpitante flusso rabbioso, così da non incontrarsi con la densa ignoranza. Flusso che conservava energia anche abbassando le amare e anonime sottolineature. Riaprirmi le infantile piaghe che riempiono i ricordi era la via dolorose per elevarsi su ogni curiosità assisa sul davanzale. Verace donava aspettative nella deserta purezza della porpora. Circondando il punto vitale ricomincia il flusso. Nelle circostanti logge emergevano mimi inebriati nel persuadere chi, osservato, tentava di riprodurre un pensiero trascinato. Così pallide nevi sul far della sera suggellarono equi accordi congelando dita. Roteava il vero tra le mani congelate, un parere mesto gocciava. Ferro e ghiaccio meravigliò chi sul volto si definiva umile. Saprò prima delle prime tue angosce i concetti mancanti e mirati. Ardita sarà chi darà sulla tele un vivace tratto bianco.

Venire nel filiale ostacolo o cadere in divenire dei lemmi di buona fusione. Miserrimo cinico dedicatario avviò il moto verso l’eterna scissione. Il passato corrose quel moto con le date cancellate sulle tele. Limiti di grazia furono imposti dove si vacillava nella fede, allora le membra stanche non improvvisarono che una falsa tenuta. Illusioni passarono congiunte lungo una disegnata distanza che solo le icone mirate prima di allora avevano percorso indenni, deleterio e subitaneo il limite era la in attesa. Voltò verso un rassicurante disconoscimento quando la distanza disegnata recuperata al conoscimento un venne giudicata causa di confusione. Mentre alcuni brandelli di illusioni si infransero contro uno spesso diniego alcune pieghi realmente prostrate e confuse elevarono il loro amen.

Into the unknown 4

Solo una indistinta accennata eleganza visse alla fine del viaggio mentre le icone mirate furono recuperate nel prosieguo del viaggio la dove vi era stridore scoperto e talvolta intensa volatilità. Pensando alla variazione di scala che ad ogni opera si vieta, tutta la creazione si deve mettere in discussione, qui sta in nesso. Nervi, raggi, forse senza avere lente e avvolgenti improprie considerazioni sul loro esser note. Solo il penoso supplizio formale che si consideri idiomatico può rivelarsi un potente talismano. Caricare temuti no sul filo di lana conduce ad una solitaria fede anelante e perentoria ambo i lati. Piacerebbe avere più attenzione volando lungo ragionamenti chilometrici. Indomito amaramente volli bearmi sapendo che il sapor di vendetta mi duole. Allora divenuto monumento di ricordanze altrui ciò che poi divenne piramide invano supplicò. Benevolmente la speranza venuta di sorpresa attutì lo sfregio. Anche ora una fiduciosa immanenza campeggia sulla sommità del limite, e se poi, un giorno, verrà sottratta al solitario sospendere ingiudicato ne verremo in pace direzionando la voce oltre il limite.

Semplici pratiche furono adottate al volgersi del nuovo tempo e sulla scia del procedere inverso i praticanti non si volsero indietro. Cominciata la caccia alle contrarie condizioni, prima che ribollisse nei coraggiose testimoni uno spirito di vendetta, tensioni vaganti sfaldavano il lievissimo percepito. Generarono negli astanti una inquieta animazione senza peraltro annunciare che era in atto una resistenza. Passaggio giudicato rischioso, sconsiderato, una letale pronuncia, quella che voleva scacciare il vecchio dio che bisognava alla necessita. Alfine solo la bianchezza fu in grado di affrontare indefinite disamine. Vennero poi rinnovati i fiduciosi accordi, ma venne anche consumato tempo indistinto, tempo di chi osservava levandosi dal campo visivo. Era ben organizzato ma osservava con tristezza, tentando di avvertire ore impercettibili, sotto banco. Bellissima, la scoperta di un minuto in più, vuole sopraffare per restituire pensieroso un trascinato grado di immobilità. Ride di ieri indarno l’onda racchiusa in feroci e viscosi lividi anacronismi. Se nei contratti tremori il tema si palesa solo oggi è nel buio complice che dissimula il domani. Qualche fiumana di balsami ora dovesti navigare e, quando richiesto, interloquire amabilmente. La nascondeva in tutta la sua ostinazione e ora che va per le sue strade voi ingannaste il trasognato e fermissimo sole in sofferenza senza poterlo eguagliare. Perfette solitarie riposte attinenze, un po’ svogliate verso chi contiene ali veraci. Le bellissima evocazione ha sollevando l’irrequieto sogno che scegliendo il tempo svanirà. Ti sembrerà così lacerante ora aspirarne il gioco che non riconosco, ma ella sorrideva.

Into the unknown 5

Per negare il caos sarà poco convincersi, mi vedo costretto a veleggiare tra le eccezioni che hanno sormontato ora logiche indispettite. Come di qual logico nodo miro in compatto impegno poi vado a trasalir colle nostre vite, e vai. Se temi una infelicità che adombri il tuo umore tra le tamerici della scolpita boscaglia non aspirar le false fragranze di pietà. Modellare la bruma che scintilla nella sanificata primiera foresta, ritrovata ai cancellati ricordi che alcuna memoria mai più non affatichino. Siate un luminoso sorriso, credete in erratiche storie con fervore, fatevi esaltare dalla splendida possibilità di essere, tutti insieme, in una convergenza diffusa. Finestre vociferano di un esterno popolato di vita, speculano su traiettorie che saettano in un cielo terso, senza turbarlo, poi, dopo il paradiso, emerge un pellegrino smarrito, che domanda la direzione. La verità che bruciava su piccoli altari familiari veniva poi ridotta a frittelle dorate. Non si trovava una sola affermazione che ribollisse. Allora, forse, per un verso sgomentato cambieremo i nostri costumi. E così anche io cercherò una storia per consolarmi. Una rinnovellazione dell’orizzonte. Tocchiamo le terre delle vostre tradizioni senza far rumore, con rispetto e compassione per le lunghe devoluzioni che hanno ammalato le ali della storia. Infine il compendio logico si staglia nel simmetrico spazio, eccolo intento nel dichiararsi Cenobita della ragione. Un verso in due, popolato di speranze alita sulle cieche menti. Non crediate che la gloriosa ragione abbia ignorato le nostre sofferte domande. Mutato, stancamente assiso sul suo trono, il compendio logico fissa il suo riflesso, così mentre ancora e ancora tocchiamo leggeri le terre delle vostre origini, coraggiosi no saettano in noi. Liberato dalla malia del proprio riflesso, il compendio logico continua l’esposizione delle direttive. Assertivo il suo eloquio vive invano nel tempo univoco e navigato; va cercando quella promessa sommersa nel vivere quotidiano. Partissero ora quelle cieche menti ancorate, appartate, iene delle terre scabre del disinteresse.

Magari racconterò del ritorno di una di loro, quando fatalmente svelerà la meta di quelle traiettorie saettanti, impegnate costantemente a superarsi dirette a un riprodurre casuale spazialità. Dolore serbato dalla natura, dallo stanco desiderare, dalle stelle nomadi, dolore mai cercato da chi mirò il leggero orizzonte della speranza. Parziale osservazione si rifrange attrattiva. Smerigli vincoli vanno cingendo i depressi clivi delle amarezze e poi, avvenuto ogni fraintendimento, meritorio il punto di vista sospenderà ogni giudizio. Laterale illuminazione che porta raffinate teleologie alla sofferenza, bentornata tra noi. Ora lui è meglio del bene, unico moto specifico della mia vita.

Ha il tutto assenza di peso ma quando cadde minò le fondamenta del folle gregge del mondo. Sul tempo elide i sospesi interrotti. Lui solo sa perché sull’ara uroborica ogni sacrificio acquista senso, anche se rimane un tenue accenno di un “avrai“. Racconterò storie abbassando vetuste perorazioni a quel rammentare che ti somigliava tanto, lo dettaglierò in modo circostanziato. Che circostanziare sia inutile è un rischio al quale mi inchino, placato nella salvata tortura dell’imperfetto stallo. Fresca gemma della stanchezza, anche se solitario affluisce subitaneo il vaporoso profumo, nel suo dissolversi accende vagheggiati simulacri. Seduto, come se non volevo, aprirò stagioni di sferzante ironia sul “grazie” che rivedo inciso sul bel sembiante del gentile confine che, schiavo di una traccia imposta, rimane steso, immobile e silente. Da costei. il confine prigione, era da sempre in attesa di una concessione, sola purezza che l’educato confine, agognasse in dono. Non gravando si appoggiò alla sua spalla di lei e sperò che i confini fratelli si aprissero ma invano, del potere avevano timore. Rianimato da un vento di novità che aveva preso a soffiare impetuoso, potendo contare sui numeri primi che circostanziavano la somma, sollevai i sostegni sontuosi di un dio da tempo bandito e caracollai radioso su di una ragionevole certitudine che, già armata e accompagnata dalle sue milizie, affermò di potermi affondare qui ed ora. Regge così la mia certezza, salda nella sua schiera si affermazioni, solca i flutti delle oceaniche distese di speranze fossili. Il mio poietico levantino interrogativo si fa assertivo. Vicende che si susseguono, miraggi intraprendenti, pesantemente piegano l’attenzione del sommo custode, plasmano ogni secondo che, a ben vedere, sarà in grado di trovare piani tangenti al “vincerà pur se sconfitto“. Ho finito i rimandi a trascorsi immanenti, vedrai tendersi ad ogni folata di quel vento di novità una sorridente espressione dileggiata sotto traccia. Riderà anche il moto che invano inviterai al sorgere di ogni anno. Le mie stanche osservazioni intrise di rimandi brevi puoi seppellirle anche ora. Intero argomento collegato ad un “quindi” frana sotto la scossa del vendico diritto. Riparando presso gli auspici, una specie in via di estinzione, il dubbio non seppe bere il calice del volitivo eroico commiato. Oh care stelle del Mondo, io vivo solo nel participio imperfetto, così che tu vivessi da onde in onde. Parlerò di un mancato rimorso, ho pronto un abbozzo, manifesto certo, nel quale conduco tutti i tuoi “dovesti“. Il rimorso è certo inespresso ma sicuramente perpetuato e palpitante. Latenze sarcastiche emergevano. Prendersi cura dei sentimenti, perché mai dovrei? Forse potrei riporli in una custodia preziosa e affidarli al confine gentile. Già vedevo commiati amabili allocarsi a corona del custode. Fai quel che credi, un volta incontrato il fine del discorso, sarai dolcemente legato ai ceppi della stimata perplessità, delegherai, così tradito, il calpestare avidamente le morbide commozioni.

Into the unknown 6

Farà suo ogni ideale e solo quando la nostra fede ci preserverà da miti predittivi potremo dichiarare concluso ogni saccheggio. Pensieri colpiscono più ostinatamente di ogni dolcezza, ora persi in un dolore, ora esaltati viaggiano usando traiettorie carsiche. Sublimate nel sospeso di un’attesa, simultanee ripercussioni si caricano di tutto quello che rimane, che affluisce lungo un sogno dissestato. Mai fu di maggior biasimo del carico di giudizi che, gravoso, crollò come la risposta di un passato obliante e pensato dentro un ricordo. Impedirgli di abbattere il possibile fu un impegno ma, guardatelo, sul suo essere va crepitando lievissimo un decantato sciame di avvelenate riflessioni, ore sospese che vanno trasalendo. Arco sonoro cinge un retaggio esiziale e duro. Sembravi chiedere tempeste ma non era la stagione propizia così la tua benevola osservanza inventò una indignata elucubrazione. La risposta esercitava laconiche affettazioni e opprimeva le bocche impregnando il panorama di un emblematico chiedere conto al sentimento atmosferico. Quando le feroci frecce bellamente ferirono ogni dove sembrasti chiaramente sorpresa ma vorrei lanciarti due parole ossute. Rose dagli inverati salmodianti profumi di assertività, distici stazionari correi nel diffondere protesi giudizi. Volgendosi alle due opposte verità, dove la bellissima talentuosa convinzione, si palesa sorridente. Miro il piano sapiente e negando lo dirò in segreto. Solo, ormai convinto del violato beneficio, nelle decadenti astensioni, guarderò liberamente la propizia via di fuga. Nato dalle polemiche supponenti, su ogni abiurato tratto perseguitato, si abbattè la cancellazione e venne lanciato l’oblio. Qualche tratto superstite, rifugiato in piani intermedi, sottotraccia, sfuggì al tentativo dell’annullamento del ricordo. Venti sollevano qui ed ora la benedetta e disperata speranza. Consumato dal palpitare di una vita incomprensibile, il vitale costrutto tentò di scoprire invise emozioni, consapevole che, lui solo, avrebbe potuto rivedere un rispecchiamento di pura eternità. Quello stato di vigilanza verso un orizzonte polare, scintillando, franò tra le mie dita. Attore rocambolesco, legando nessi buoni per ogni mozzato inespresso, il vissuto del prima e del poi si inchinò al termine del dramma. Premesse a un finale promesso, le versatili rime stillano affastellati nessi, trasudano suadenti e assuefatte aspettative. Fasce concluse avvolgono l’impostata incuria, intonano narrazioni e cantano dello scorrere del fiume dell’orgoglio. Fasce che al termine del viaggio imbastiscono un necessario commiato. Un finale che possa colmare il divario uditivo tra il tuono potente e il vitale battito interno. Sostanza diffusa all’indietro, in un viatico che intavola voli che invocano perplessità. Ho in me la notte che affluisce oscura alle mie palpebre. Essa bleffa deliziosamente tra i suoi spettri prediletti. Marcate arcane chiromanzie si dispongono in arco pareggiando semenze sedimentate e amalgamate ai bei proponimenti.

Rinnovati nel concetto e nel saldo intento di bandire ogni asservimento, partimmo per liberarli dalla tribolazione che opprimeva le spontanee declinazioni. Nella penombra delle attenzioni in senso obliquo, il senso della vita accendeva affastellate speranze. Ricordate sempre di sorridere al consumato punto di intersezione. Ne ho di veramente efficaci da raccogliere e archiviare per un futuro di probabili carestie. Intendo vedere nei fasti dei mattini splendenti il mistero che si incastona nella trama di un codice miniato che promette santità. Riapparve, dimentico e grato di essere per tutti nessuno, riconobbe nel desiderio di sapere gli assennati apprezzamenti che lo avrebbero rinnovato. Furono declinazioni spigolose quelle che il dimenticato si accinse a livellare, era deciso a migliorare le fedi lise dalle irate coordinate celesti, ma esitava sul crinale negativo. Salde finalità rombavano nel firmamento, sconfiggere il giogo che gravava sull’articolata coreografia del ballo della vita. E poi suonò il terzo avviso, cominciava la pantomima delle fiorite speranze. Intonando una cantilena supplicante entrò di sbieco sulla scena. Ispirato gridò: ” Come osate predicare di ferali asservimenti, sorridendo con ragia subdola? E fu forse per l’acuta enunciazione che tentaste insidiosi raggiri decorati di smaglianti sorrisi?”. Affrontare malcelate schiavitù appartiene a spiriti increduli, del bene, sul suo necessario impedirgli mutazioni, è compito di tali spettri. Anima dell’emarginato vecchio cardine, ormai rugginoso e ricoperto di antiche nequizie, non è valsa la pochezza del tuo operare, chi ha trovato scomoda la tua corsa? Quali delle due possibili negazioni ha sentito nello stridore del tuo giro? Negativa ai più, la presenza di un prostrato tremolio, assumeva a volte un profumo di straniante aspettativa. Via via che ingrasserà la nostra consapevolezza toglieremo peso al necessario e poi ben presto allungheremo vocalizzi di somma speranza al tempo per chiedergli immobilità, e poi, seduti, conteremo le ore aspettando il trapassato. Lunga per tutti è stata l’universale santificazione del verbo che in ostensione gemeva. Gravida la grazia, seppe ammansirci con dolce oro così che le mie ali capirono di essere inutili, l’oro fissò alla riconoscenza l’infinito moto leggero. Mia povera arte vattene farfugliando di un possibile dopo, umiliata affilierai proseliti spettrali. Attendevo fuori dal luogo, il loculo inverso, uno che potesse riaprirmi le angeliche ali ma l’imperiosa chimerica oggettività ordinò che i feroci fatti prendessero tutti gli assunti in procinto di sollevarsi. Comprendo che ora è tardi, la vana ostensione campeggia deliziosamente sul fuori dalle righe, ammicca sorrisi per sottrarre al frenetico “ne ora ne mai” l’illusione dell’immortalità. Eccola protendersi verso il punto di fuga, tenuta dalle mani del celebrante, chiama l’orizzonte seduto presso l’arrivo eroico, gli lancia una stanca esortazione. Talvolta anche genuflesso sulle stanche fondamenta, sebbene si conceda attimi sospesi tra riposi doverosi, osando atteggiamenti espressivi, sottolinea il possibile altrove. Sillabando viatici illustri da dunque il via al rapido cimento. Corrosa, vetusta, caduca cima oh quante cose il tempo cancella dei tuoi anni. Ma essa in alto ride. Pensoso, cerco la maniera meno ovvia per obliare insipienti frattali che motteggiano bellamente.

Into the unknown 7

Dove riluce la candida amarezza, gli identificatori univoci e tutti gli altri dati del dispositivo perseverano con annunci sommessi e contenuti, epiteti personalizzati, tentate misurazione dichiarano distanziamenti opportuni. Trame di annunci sommessi e contenuti, con mirati approfondimenti sul pubblico sentire elidono ogni sviluppo, ogni conversione del prodotto. In vista dell’uscita dal tema principale, ormai stanco, posizionava testi di vaghe frasi latine, tutto volgeva al termine. Fianco a fianco, sconfessando ogni minuto trascorso in amorevole attesa, confidando nel fedele appello all’agire, rischiammo il tutto per tutto e ci lanciammo nel limite poietico per sconfiggere limite e simmetria. Rischiarava appena la tua commossa raccomandazione per ultima impresa. Avremo quindi contatti sinceri? Sulla soglia si manifestò la scossa e, così, fu aperta la successione. Si convenne che era d’uopo, dal momento che si constatò la scomparsa di ogni traccia di colui che incarnava l’ordine, nel luogo dell’ultimo domicilio e oltre la soglia. La nascita di un nuovo augure avvenne nel buio sapienziale delle ore sospese. Il valente spirito confidò nei suoi fedeli che collimò nella loro fede con gli elementi raccolti dal puro caos; oggetti scomparsi al solo mirabile atto d’uso. Altissimi cantici contengono antidoti alle bramose aspettative congiunte, genuflesse ma mai dome, salmi pronti a sorridere, certo mai domi ma portatori di qualche cicatrice. Eguagliare le attese di devoti attivisti vanifica le nozioni di prudente confidenza che una nuova fede dovrà sopportare; il desiderio di una supplica darà al credente trascinato un fantasmatico motivo, è quindi di questo che profetizzai prima che voi mi ingannaste. Solleverà allora le deliziose rassicurazioni, allorquando subitaneo e pronto, servendomi di antichi talismani, validerò il mio ragionevole dubbio. Certezze, pesantemente truccate, sollevano il profumato credo. Mostra cinico la sua fredda poesia e sfugge al sorriso che riluce fantasmatico. Bloccato cimento, mai aprirò all’armata dell’eletto sigillo il finito segnale. Lavorato con irrazionalità diffusa, il criterio si scioglie disperdendo svogliate contrazioni. Monti di allevamento pascolano sul far della sera, consapevoli che al predetto giogo forzato, dove il forte vince, non saranno mai costretti. Andarmene rinfrancato dal senso di tenerezza, ecco cosa farò, sì, andare via dal singolare logico, santificato dalla gaia scienza. Saprò allontanarmi dal precipitato prima che si manifesti in conseguenza necessaria di purificate premesse. Aleggerò sul motivo che non comprendi. Aspetterò di scegliere il mazzolino che ho colto nel prato dei fioriti fraintendimenti, lì presso la fonti del diritto. Invano un accorato incitamento verrà gridato sul fronte del piano prospettico, ma solo chi invoca la nuvola potrà godere della sua pioggia. Prima che avverrà di me una dissezione puntuale, come potrà, vi chiedo, mio discorso, distribuito fuori dalle righe, come potrà essere ascoltato, se non ci sarà chi si incaricherà di annunciarlo? A volte morivo caduco sul mio interrogare il vuoto. Buono come il pallore montato della sera, il profetico ricorsivo mise le sue sante funzioni sull’apparente soluzione, renitente al bello di circostanza, proferì il nome del totale per il quale volle acuire la ridondanza. Dove saranno aperti benevoli abbracci invano il blocco del trascorso isolamento soffocherà le ardite vestigia che sostengono i secoli speranzosi. Di quei segregati attori rimarranno solo rari scogli carezzati dalle onde della memoria. Ardire intentati silenzi per poi udire l’invocazione di chi, tutte le allusioni, oltre il manchevole sottinteso, porge dove mai è inteso. Distesero i vasti campi di perorazioni le difese macchiando assertive tesi eroiche. Il sacro sostegno attese che il concetto si sedesse per rianimare una astrazione intrusa. Per lei, indietro, stava la maschera mutevole del paradosso. Forse ora la troverei ostinata per ciò che contiene.

Into the unknown 8

La mia vista è formata dal direzionarsi dell’attenzione. Fisso mappe percorrendo a ritroso i miei conoscimenti. Poi dove è stabilito morirà per voi, al limitare della linea amorevole di un forse. Gorgo lento ma inesorabile, trascina, coinvolge, uno ad uno, tutti i fatti assunti, indistintamente. La vicendevole necessità di sopravvivenza del gorgo e dei fatti ha la forza di colmare la paradossale condizione. Odorosi mirti vanno oltre la sponda, la dove è incisa la storia mai letta. Uscita dalla convenzione, affinché possa essere capace di presentarsi al giudizio delle solitudini, la fulgente originalità, sovente mi accusa di bearmi quando brillano le armi. Inutile ora affidarsi a qualche amuleto, il ricercare una soluzione all’impronta non giova a quel che deve essersi rivolto a un maestro, starà alla mia esperienza e alla mia memoria di ciò che un tempo risolsi. Lieve il giudizio delle solitudini si alzò sui dubbi che proni, rimanevano inginocchiati sugli stanchi omeri, e mentre i ricordi più reconditi tornavano a risvegliarsi, dei sostenuti credo, saettavano verso il denso giudizio che avvolgeva le indubitabili fedi. Nei carri il raccolto affastellato, frutto dei generosi campi, sarà donato alla vita nuova, sopra le nominate acque, correnti primeve, e sotto i cieli eterni. Amuleto ambiguo, il convesso rappresentante delle ragioni vociferanti, rassicura i neofiti. Nel buio accade che egli afferma di poter passare all’ascolto del tuono e, coricato nella caverna, immagina di ereditare il verbo elettrico. Avvolto nel magniloquente e irradiato magnetismo, assoluto come una stella, il convesso giudizio delle solitudini, ignorava ogni assunto di chetitudine il quale, per quanto bello, non avvinceva come il sentire quel richiamo del tuono, fiero e potente, dal quale ebbi il vindice incarico. Hanno dura scorza i suoi detrattori e, per quanto fiato avrò, continuerò a dire no alle semantiche commedie. Inchinato fummo infine al morbo, l’acerbo sguardo ed il pallore che vorrei svanisse, e tu che vivesti su febbrili e datate passioni. Petali del giorno, appassiti e calpestati, vorrei ridarvi freschezza ma chino sui miei poi, solo con le mie tracce, ricamo ricordi diafani. Mantengo il lemma, giammai capitolerò al trattato che, nell’assordante intonato tuono, esser notato vuole in veste di assoluto assunto. Rivedervi vorrei, tramati ornamenti dei miei ricordi; mentre la dissertazione attendeva stabile e deliziosa appoggiata a uno spalto, osservava compiaciuta sensitive battute del brillante passaggio. Far sì che gli sia improvviso assai il richiamo del tuono, affinché non prevalga l’impazienza era quello il nostro impegno; dagli spalti nobili artefatti, sorridente, incoraggiavano balugini per una chiara propensione all’evidenza. Annunciandosi con il tuono, il convesso giudizio delle solitudini volle conoscermi; di quel momento porto ancora telomeri accesi a ricordo imperituro. Quei ricordi un giorno, ora conficcato chissà dove, raggiungerai la verace asserzione, e dove ora arriva deviata la via così che siano crudi e veritieri gli epiteti diretti. Veniva stretta che, quando a due passi si trovò, rapida sviò per altra iperbole perché alle mente restasse ancora una ragione. Mente grave, quando saprò quale genio ho burlato, armato fino ai denti di compiaciuta ironia?

Into the unknown 9

Migliore dei più suadenti trapassi, ora offro il mio viatico al pellegrino fuggito dall’incendio della cultura nuova, foriera di una straniante conversione, prodiga di infinita ambascia. Colta, la tradizione resiste alle fiamme del nuovo sguardo, nascerà il bisogno benevolo che andiate il più lontano possibile dal fascino del combusto fronte. Acerbità della nuova tendenza, è per essa che fu smarrito il saper guardare in armonica simmetria, per mettermi sul cuore le sue visioni ho donato le asprezze sconosciute. Disperato, scopertosi infantile e solo approdò alle sponde delle consuetudini sì che alfine s’era convinti d’esser al sicuro, egli fece delle statuette che offrì in dono alla sorte benigna dicendo: “ascoltami non mi scacciare più!”. Fu al sorgere di un dubbio splendente che le apparenze vollero onorare la casta precarietà. “Si scolpisca un incognito splendido e terribile, figlio della distrutta asserzione. E allora, quando si solleverà una nuova curiosità il dubbio incenerisca ogni aspettativa, ogni speranza”. Tentativi basculanti identitari asseconderanno chi troverà chi osteggiava lo splendido dubbio e, altero, non chinava il capo, confidando il coloro che tornano. Eroico bellico e, parimenti, dentro un sereno senso del vedere. Disperato distico mitologico, furioso inveì sul destino che lo osservava da un davanzale singolare. Dal tristo orologio, faro dei fedeli al dio tempo, farsesche ore recitavano agili vuoti a perdere. Ora, da tempo, seguivo l’ombra mia che a volte sussurrava: “ovunque andiate trasalirà intatta l’immagine del fiero intento”. Tradita dalla luce è lei che fiera tende alla sua duplice natura e tante sono le cose che da lei saprò. La luce non seppe della mancata violazione immaginifica. Termine necessario ad ogni intento che riveli ospitate rimembranze, il giorno della scissura perpetua, disvelerà la chiave della mia riluttanza ad una significazione condivisa. Con grande impeto allora morivo più volte durante l’attesa, mentre duellavo con il tempo galoppante, precipitato verso un arrivo non voluto, mi stringevo insicuro alla groppa della bestiale creatura, nostra malvagia ostinazione alla verità. Indicibile validazione lumeggiante, mi accompagno, ombratile, nell’acqua tranquilla della commozione. Devoto sempre a tal pregio, audace nel sapere, forse troppo speranzoso, morivo che era un piacere. Davanti stava la fine, occhio vivo di cane. Vivo, dalle percettive terminazioni, sfuggiva alla tarda visione ortogonale, ieratica e saggia, della quale egli ride di un riso univoco. Parlare ero a trovarmi del mai con antichi adoratori della potenza, nelle strette divinazioni, in una regia stabilità. Stanchezza di chi tutto traduce in allegrezza, lui, fra Verrocchio e Sansovino, cerca di ingaggiare sempre nuove animatrici. Un profondo etereo spartirsi l’ultimo inganno, tutto intento in un profondo stato controlaterale, guardavo in quello che non ho, certuno vuoto di alterata memoria.

Into the unknown 10

Veraci pensieri riflettei e sognai di ricevere montagne somiglianti a vaghe nuvole. Gli essenti che sull’orlo dell’arco tuo, pur rapido e flesso ad ogni tensione, ricaveranno motivi e direzioni dalle traiettorie che vorrai offrire. Invocato nel racconto futuro proseguo dubitante che essere attratto dai bagliori di una muraglia di ideali che illumina in nulla circostante. Vennero a formarsi nodi in un cifrario di indefinite litanie e così dovetti affrontare la resistenza della soluzione che si nascondeva. Dirsi vivente di un poi che confido essere espressione di purezza sa di istinto e non di odio, rugiada scavata nel risentimento. Navigando verso l’approdo del falso leone avvistai brillanti stellanti fuochi che animavano il mutante liquido che ci sosteneva, latore di assunti oltre ogni ragionevole aspettativa, il trapuntato firmamento sontuoso si annunciava come dura lex e io che attendo ancora un segno spero che un giorno il falso leone si solleverà. Fresco tragitto fu invece il tuo per il quale sei venuto. Sabbie e radici non ti impedirono di giungere qui, nel guardo del blocco di visita uno. Preziosa, la rimanenza delle festanti rammemorazioni, è ora custodita nei serbatoi delle montagne somiglianti a vaghe nuvole e le tue necessità per il bel piangere vennero stigmatizzate come decadenti, ebbre della chiamata di una necessaria campagna. Angolo eroico per noi oppure no, nascondigli o navigli, impresa circolare. Vellutati cuscini hanno sognato un sonno dormiente che attende l’avvento della dura lex. Presagio intento a plasmare una qualche piccola eternità, gioiello che il virtuoso vede già impreziosirgli la modesta superbia, spiaggiato mi rifugio al di là della pioggia solare. Rianimo infine la settima arte galante giammai ma memore delle vicende ossessive che ciclano vorticando, scena dopo scena. Ha preso forma il futile futuro che le colma ciglio miracoloso. Non le diritte e rapide direzioni dell’arco garantiranno i rientri desiderati, tornare non sarà possibile, vedrai allora pulsare la volontà che in passato si chinava prona alla necessità. Repentina, sconvolta attendeva chi la chetasse con un narcotico. Non ci si vorrà più curare di quei sogni che davano certezze, la fede così appellante alla cruda pena per chi si defilerà dalla responsabilità, senza freni, negherà verità di comodo, così la volontà unicamente opererà incontrastata. Mitigata dalla difesa sistematica della storia tutta la memoria raccolta affronterò ormai patito. Tutto ciò che volle consolarmi in passato, la speranza in particolare mi proporrò di disconoscerla e poi scacciarla per far si che mai più si aggiungerà alle proposizioni finalmente libere. Rimase infine, per non perdersi nel magma del non senso, immune sia al placido oziare dei gioghi che delinquere nei tradimenti del ricordo. Ma un suo ricordo venne scambiato per quel miraggio, quello sognato lungamente atteso e lucide intuizioni allora affiorarono dall’incomprensione. Aperti presagi, densi, diretti, si precipitarono nell’accadimento. Quelli che bramano tensioni incomprese furono colti alla sprovvista. Assistere del fatto, dell’accadimento, comporta il desiderio di una ritrovata saggezza, come la graniglia che riflettendo profondi lampi rossi si offre titubante. Per i meandri di oscure gabbie, pensai, giace prigioniera la legittima difesa, pietra d’inciampo d’ogni specie, artiglio di guerra. Moltitudini di errabondi vagano là dove sia prossimo il ritorno, sia tenebra, oltre il grado zero, oltre ogni piano messo alla fine del tempo. Chi fossi prima degli imprevisti splendori? Chi ero io per accettare un dono singolare senza necessariamente rifiutare la preventiva condizione ingiunta?