Della Paramnesia

Sulla teoria dei ricorsivi inespressi

La tripartizione

Nel mettere in rilievo il concetto di condizione paramnesica si intende la necessaria rammemorazione dovuta alla rigidità dell’interpretazione che (tri)partisce il pensiero dismesso in una successione cronologico-tematica di ricordi familiari (familia memorias), suggestioni profonde, potere del convincimento testimoniato e etica delle risposte.

In tal senso questo percorso si inserisce in un insieme recente di studi che ripensa il percorso paramnesico a partire dalla teoria dei ricorsivi inespressi, teoria in base alla quale una certa condizione di inopinatum statum si sia appena manifestata.

La principale teoria della ricorsività inespressa definisce quella propulsione all’ottundimento lucido che, date n funzioni archeo-primitive, come quelle che possono derivare da funzioni iniziali di auto-affermazione primaria, si risolvono in un cambio d’identità. Questo mutamento avviene mediante un numero discreto di tentativi di auto-riconoscimento che si risolvono attraverso l’osservanza delle regole xy che concorrono a disciplinare lo svolgimento del processo di trasduzione. Tale processo è finalizzato all’induzione verso una identità altra.

L’analisi complessiva dei tre ambiti sul pensiero dismesso fa emergere elementi che restano sottotraccia se assunti esclusivamente attraverso l’esperienza della sola fruizione letteraria. La paramnesia non è una narrazione! E con questo si vuole specificare che l’esperienza deve essere completa, quindi integrata da sensazioni fisiche, effettualità materiche attraverso le quali la qualità emerga quale tema costante dell’intero suo percorso.

Il tema della potenza

Il concetto di condizione paramnesica rientra a pieno titolo nella storia politica della verità che, a più riprese, nel passato ci si è proposti di tracciare.

A questo proposito è opportuno ricordare che l’intento di concepire una storia politica della natura paramnesica si fonda sul presupposto teorico che la paramnesia abbia una causa oltre che una storia.

In particolare sono stati riformulati storicamente in vari modi, tra cui la questioni della vera paramnesia, della storia nella paramnesia e della volontà di una identità paramnesica.

Più vicino alla questione della vera paramnesia è il tema dell’appropriazione della “potenza” del Lar, questione che si diffonde tra coloro che decidono di controllare la “potenza”. Per “potenza” si intende la capacità del Lar di essere in ognuno sé stesso. Nel suo voler essere, il Lar, esprime il suo invito assoluto: “sarete come me se mi mangerete”.

Mangiare e quindi essere, è allora piuttosto il controllo più che l’alleanza della paramnesia che nella storia ha avuto la maggior rilevanza. Consistendo «la vera natura dell’esperienza paramnesica nel reimparare non solo a vedere il mondo ma vedersi vedere, attraverso l’appercezione», appare quindi necessario l’accettazione dello sdoppiamento, in un continuo farsi «sguardo dialogico meditativo».

In questa prospettiva «percepire viene inteso come un assolvere entro un possibile che si dichiara nel mentre si mostra. Un porsi alle cose ed essere parte delle cose, rimanendo nel mio essere dimora ospitante di ogni sguardo perspicuo».

Non possiamo vedere il Lar in quanto il Lar esiste, almeno in apparenza, solo come sistema mondo. Le due identità, quella del Lar e quella del suo ospizio, sfuggono la consapevolezza della reciproca presenza ancorché ciascuna di esse dispone di indizi, sensazioni, intuizione che animano la sospensione di ogni certezza di esclusività, di unità indiscussa.

L’appercezione, convintamente riconosciuta nelle due polarità, come una sorgente carsica, procede in profondità creandosi percorsi, collegando e quindi producendo un sistema, una rete, che fa sì che i ricordi, stranieri fino a quel momento, si dipanino attorno a un sé recettivo. Strutture di memoria vengono a disporsi rispettose del già presente, organicamente intessute nel sistema preesistente. Le potenziali rammemorazioni, come attrici dei pensieri più nascosti, dispongono i nuovi ricordi a garanzia della loro permanenza, curando la propria funzione di fondamento della nuova articolata identità.

Percezione appercezione

La persona governata dalla paramnesia bisogna che comprenda della propria condizione basandosi sulla cosiddetta «estetica della rammemorazione», cioè procedendo nelle regioni delle sensazioni domestiche, che si mostrano sempre più coinvolgenti, necessarie nel loro trasmettere profondo compatimento. Dalle regioni delle sensazioni domestiche la condizione paramnesica spinge la persona fino all’accesso nel territorio dell’unità compatta, armonica, convincente, la quale altro non è che l’ultima e definitiva genuflessione alla nuova identità.

Questa funzione di convincimento si serve in primo luogo di una reminiscenza, il di cui che la nostra essenza originaria vide al suo inizio, quando rispondeva ad una unità, guardando dall’apice dell’assoluto unicum gli ombratili eventi dell’esistenza, si ergeva solido e sicuro verso il caotico molteplice confermandosi ad ogni manifestazione di Sé.

Come appare da questo atteggiamento “rivelante”, l’analisi del potere che scorre e agisce nascosto e in profondità, permette di superare la divisione tra ricordo ricorsivo e non ricorsivo.

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L’esperienza paramnesica, così propria, unica e incomunicabile, ricerca una possibile relazione tra quella manifestazione così chiara di un sorgente ricordo straniero, seppur familio, di un ricordo necessariamente vero, e il costrutto “essere Sé stessi”, quella costituzione di soggettività che forma il governo di sé.

Tra le parole io e me non sembra esserci alcun conflitto: la regia che il Lar governa, infatti, si riferisce ai propri sentimenti per un di cui; mentre il paramnesico ospizio, analizza la condotta della rammemorazione, prodotto di un rivolgimento psicoemotivo, sottolineando come essa contraddica qualsiasi adesione alle norme della disconoscenza dell’altro da sé.

Proprio per questo motivo, omette ogni congruenza a vantaggio di una completa rappresentazione della rammemorazione in tutte le sue forme; infatti essa, per quanto possa lasciar trasparire i dubbi della novità, è sempre concentrata sulla memoria, su quei potenti ricordi, ambigui, perturbanti ma vivificanti, dalla cui contemplazione l’ospizio trae la propria identità.

L’ospizio che si impegna in tentativi di correzione del narrato memoriale si trova spesso a doversi orientare tra molteplici reminiscenze declinate a seconda della condizione esterna, ambientale o di quella interna, emotiva. Tali reminiscenze, seducenti, sono vere e proprie iniziazioni funzionali al porre in condizione di perfetta armonia ogni rammemorazione.

Dalla necessità di una definizione della condizione di asilo, là dove la singola identità è messa in dubbio, si determina la riflessione sul Lar, il quale appare alla persona ospitante, come una influenza esterna a sé, più come una passione, una stimolazione emotiva di origine atmosferica piuttosto che una vera e propria identità: ogni concetto che voglia farsi carico di una definizione conclusiva, trova l’ospizio impossibilitato ad afferrarne una qualche concretezza. Trasparente ad ogni confinamento, il Lar, dice sempre qualcosa di più.

Tuttavia, l’ospizio può sentirsi dichiarare dal profondo di essere oggetto esclusivo di sé. A questo proposito è il Lar che intendendo di sé il “così come si è”, dichiara le cose, il mondo, la sua stessa condizione, diversamente da come il contesto ne dà testimonianza, ossia il Lar si concepisce come non è, almeno nell’ottica dell’ambito nel quale si manifesta: unico e solo, giudice del vero e del falso.

Di tale essente, si può dunque dire che, in quanto è identificatosi in un “sé stesso” indiscutibile, sia, e, in quanto è distinto e diverso dall’ospizio, non sia? Ma che cosa significano le condizioni di esistenza e non esistenza per il Lar? Forse un “di cui” parla il discorso della paramnesia?