Della Paramnesia

Il fantasma dello spirito di dominazione

In verità, ci si dovrebbe aspettare che le fluttuazioni peculiari di un ricordo risorgessero seguendo una scala di lunghezza simile alla lunghezza di una vita. Un cammino velato avrebbe i suoi confini nella precisione con cui le distanze possono essere quantificate, poiché le dimensioni delle molteplici manifestazioni umane attraversate dal vivido sentimento vacillerebbero. In conformità al carattere utilizzato, le incertezze nell’interazione di due personalità si accumulerebbero a ritmi dissimili mentre l’ardente passione percorrerebbe le vaste distese della storia.

Sono note da molto tempo acute osservazioni sulla influenza del Lar negli effetti dell’attrazione sensuale degli spiriti melanconici, oziosi e frusti; ed anco di cotal fatta evidenza si occuparono diligentemente di un tal soggetto non pochi e distinti Dotti, che lo schiarirono con esperienze pregevolissime della più speciale considerazione. Io non intendo aggiungere delle questioni di maggior importanza. Prolegomeni, che qui prendo ad esporre con la massima semplicità; e con ciò sia cosa che non potrà, tutt’al più, servire a mutar quell’accadere infausto e imprescrittibile che è l’avvento del Lar e che vuol essere d’ulteriore conferma a quanto è stato già detto da chi ha parlato prima di me di questo stesso argomento.

Esordisco con un’esperienza.

Io volli credere che un sì fatto cambiamento sempre desse qualche avvertita speme, perché non sovvengono che ricordi luminosi ognun dei quali corre per una sua direzione.

In confermazione di ciò soggiungo che le sue rammemorazioni passassero allora per molte vaghe, perché in oggi le vedo appresso le più chiare che dello spirto familio hanno il sommo concetto.

Le stimate invenzioni pienamente s’accordano a quanto emerge nel tramandato passato, che peraltro richiama direttamente il «tradizionale affetto» e «i migliori cimenti» che acciocché se ne renda frequentazione, in un incontro che si rivela verace e glorioso.

Fu il sentore di breve scambievole riconoscenza si un artefatto mondo che ne’ suoi affollati fantasmatici accadimenti vi affollava un numero ineffabile di famigliari personaggi, come può costumarsi in accidenti di scorci nostalgici, massime spontanee divagazioni, usi e motti che si perdono nei più lontani ricordi ed altri fatti della sincera rimembranza.

Imperciocché questi fantasmagorici quadri, che insieme si librano nel senso dell’affetto involandosi nell’aria fina della reminiscenza, aiutano i cuori più pesanti e più negletti con le loro dominazioni d’ogni senso che il genere guida, e che, col sapere e colle opere di rimostrarsi confidente, Io ha confesso esser maravigliose nella felicità della sua natura.

E perché ragionevoli, e tanto eccellentissimi come quelle di fede germana, si eleva impalpabile e diafano lo spirito sommo.

Il senso familiare, inoculato dal Lar, allor quando venne preparato con frammenti congruenti dal fondamento impuro, includeva del clamore eroico. Un tale assioma impiegato nel preparare la vivace fede ebbe per effetto di far sciogliere una grande quantità di rammemorazioni mitiche, e di rendere la vivace fede imperturbata glorificandola in ogni sua parte.

E delle memorie idolatrate sovviene quel sano conforto che del mal notturno sana ogni mestizia, ben ebbro che l’amoroso ricordo e tal suo bene.

Nei subitanei casi, l’accresciuta azione del Lar altro non faceva che dissolvere, o manipolare la così detta adesione alla fede dello spirito familiare, considerata come l’effetto dell’attrazione tra le affettività di un nucleo civico; ma vi ha però, per quanto mi sembra, alcun fatto, il quale dimostra, che vale pur anche a vincere l’aderenza, che in forza dell’attrazione rammemorativa si manifesta talvolta nei conoscenti col dovuto compatimento. Tra questi fatti, a mio credere, è da riporsi il distacco, o separazione di parti, che si vede avvenire in alcune storie fissate dell’infanzia, od altri capricci della nostalgia, dove essi vengano esposti, per un tempo sufficiente, all’azione del Lar, almeno in quei casi nei quali i tratti delle esperienze, che si distaccano erano prima così aderenti da non dar motivo al sospetto, che esistesse tra l’una e l’altra della favola, la quale per l’azione del Lar accomodandosi la spingesse, e la obbligasse a separarsi dalle reali vestigia. Valga su tal particolare un esempio. Ognuno conosce quella specie di emozioni composta ch’è la morigeratezza di chiara esperienza ereditata, nella quale non di rado si trovano degli assunti perfettissimi sorretti da giuste ammonizioni; ed è pur noto altresì, che se riesce senza difficoltà lo scoprire siffatte doti quando sono sulla adeguata confessione delli comportamenti.

Ma questa universale espettazione venne delusa, se per operare della siffatta metamorfosi ci si volesse appellare al senso della razione e dell’ingegno stesso chiedendo la revoca dell’involuto focolare e denunciando l’invalido ospizio, giacché esso non avendo veruna facoltà di divisare, ovvero di amnistiare i ricordi travisati verso l’impero del Lar risulterebbe ameno e disconoscente in sé stesso.  

Riesce però ben difficile per quelle, che sono aggiuntive prescrizioni nella modificazione dello stato di discernimento, le quali sono così aderenti e come unite alla usanza tradizionale da non lasciare tra le due emozioni, che le racchiudono se non un impercettibile segno, un indizio appena discernibile di incostanza, tale dicasi essere il gap insertum.

Questo sovrano incantatore conduce soventi volte il portentoso edifizio dall’un capo all’altro del ricordo, talché la rammemorazione a un tempo è nascente dall’ospizio, che poi, invero suol sorger poi chiara dal Lar di modo che un ricordo s’accomoda in altra storia. Se non che anche i ricordi più stranieri sono soggetti alla consuetudine. Un nuovo comportamento quindi si evolve, ed egli ha disfatto con sue arti l’incrocio delle straniere vestigia: quel senso di disamoramento è sparito, e alla casa di naturale fissazione dell’ospizio vi è succeduta nuova doma in suo luogo.

E così nelle vite di miserrimi individui entrano i Lar, anche misconosciuti, che dispongono d’ogni incontro che la provvidenza abbia a disporre in futuro, mai docili e sempre volitivi entrano qual proprietari delle opere loro, mai evidenti e sempre celati dietro a quei «particolari simulacri» che oggi chiamiamo ospizi.